Silenzio: scoprirlo o fuggirlo? L’arte del silenzio dal teatro alle nostre case

Le parole hanno il potere di distruggere e di creare.

Quando le parole sono sincere e gentili

possono cambiare il mondo.

Buddha

Abbiamo vissuto un tempo, quello del Coronavirus Fase 1, in cui il silenzio è tornato a imporsi. Forzatamente e inaspettatamente. Non più i rumori del traffico, non più i rumori degli aerei che solcano il cielo, non più il vociare cui eravamo abituati frequentando bar, locali, ristoranti e uffici.

Silenzio: scoprirlo o fuggirlo? Qualcuno, nei due mesi di “fermo”, ha riscoperto il silenzio notando ed apprezzando come si potesse sentire il rumore del vento, il battito d’ali degli insetti o il canto degli uccellini; ma sono tanti quelli che questo silenzio lo hanno temuto e lo temono. Il silenzio disorienta, ci mette di fronte a un vuoto che ci spaventa, cui non siamo avvezzi. E allora meglio fuggirlo: chi tuffandosi ininterrottamente nella rete, chi affannandosi a colmare questo vuoto e a soffocare il silenzio con video, call, webinair, dirette social e chi più ne ha più ne metta; senza accorgerci di quale preziosa occasione stiamo perdendo.

Silenzio: scoprirlo o fuggirlo? Le parole sono importanti, ma spesso, facendone un uso spropositato, è inevitabile renderle inutili e insignificanti. Parlare e scrivere sempre, di tutto e di tutti, con tutti i mezzi possibili (social, call, chat, ecc..) ci fa perdere una inimmaginabile quantità di energia. Ma perché non riusciamo a farne a meno? Perché le chiacchiere, i giudizi, le lamentele e le critiche non sono altro che “strategie”, di cui spesso non siamo consapevoli, che la nostra mente mette in atto per riempire un vuoto che sta dentro di noi, che invece di riempire in modo bulimico e vorticoso, faremmo bene ad accogliere e trasformare.

Seppur in modo forzato, la tragedia del Coronavirus ci ha restituito questa opportunità: riscoprire il silenzio e tornare a sentire quel vuoto e, senza affannarci a riempirlo, provare a non temerlo, ma ad abbracciarlo, curiosi di scoprire a quale nuova via ci può condurre.

Parlare di meno ed ascoltare, ascoltarci di più è un esercizio che tutti dovremmo praticare quotidianamente. Ma ovviamente è tutt’altro che facile! Come possiamo esercitare il silenzio?

Ci sono luoghi in cui riusciamo a stare in contatto con il silenzio almeno un po’ e più facilmente. Uno di questi luoghi è il teatro. Quando, da spettatori, entriamo a teatro facciamo silenzio e lo esigiamo dagli altri. Se ciò non avviene, non esitiamo a richiamarlo con decisione.

Ecco perché, attingere alle tecniche attoriali è un modo creativo, attivo e molto efficace per esercitarsi al silenzio consapevole. Scegliamo un qualunque momento della giornata (ad esempio al mattino appena svegli, dopo pranzo o durante la cena) e stiamo in assoluto silenzio, verificando l’effetto che ci fa. È stato facile? Faticoso? È successo qualcosa che ci ha sorpreso (ad esempio un gesto o uno sguardo da parte di un familiare che era lì accanto a noi)?.

Stare in silenzio è un esercizio difficile per noi uomini contemporanei. L’attore compie una lunga preparazione per riuscire a conviverci e ciascuno di noi può esercitarsi nella stessa opera di autoeducazione: dobbiamo imparare ad essere presenti, centrati, consapevoli, dobbiamo accogliere i nostri vissuti più bui (come la rabbia, il dolore, la fatica) e considerarli come guide del nostro cammino, in grado di farci evolvere e migliorare. Solo così potremo sentire delinearsi in noi, e poi uscire, parole vere e consapevoli. Le parole necessarie che ci renderanno anche più chiari e capaci di ascoltare e far ascoltare agli altri la nostra voce. La nostra voce autentica!