Il ritratto nell’arte di Maria Chiara Signorini

di Marco Genzanella

“Voi insegnatemi a volare, io vi insegnerò a sognare”…

Dall’epoca in cui si diffuse la medaglistica fino ai giorni nostri, il ritratto nel mondo Occidentale ha avuto una grandissima importanza.

af980626-8a59-4bf0-9cc1-781187aa8749jpgAll’origine, in età classica, fu uno strumento di potere e l’effige, impassibile, non ti degnava di uno sguardo per poi, nel Rinascimento, iniziare a guardare l’osservatore in modo distaccato e aulico, in una posa quasi frontale. Iniziava l’Umanesimo e l’artista ne avvertiva il clima, meno ostile al popolo.
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Ma fu con il Rinascimento maturo che iniziò ciò che è fondamentale per Maria Chiara Signorini Artista: l’introspezione psicologica. Infatti, le figure iniziano a guardare l’osservatore negli occhi e a comunicare stati d’animo in posture più disinvolte ed aperte.

Ma come si arriva al Ritratto Biografico di Maria Chiara?

Dadaismo, Surrealismo, Scrittura Automatica, Collage…. Al primo sguardo l’arte di Maria Chiara Signorini si presenta come eclettica, quasi un innesto in epoca contemporanea di un linguaggio artistico che pare giungere dagli Anni ‘20 del Novecento. L’artista sembra essersi formata con le Avanguardie storiche, al suono dei megafoni arrugginiti dei Dadaisti e delle musica rumoristica e Futurista di Francesco Balilla Pratella. Perché il lavoro della Signorini, oltre a colpire la retina, colpisce attraverso di essa anche l’udito, perché i suoi ritratti ronzano, emettono un rumore sul fondo visivo, mentre l’osservatore salta da un dettaglio all’altro nel tentativo di decifrare e comprendere un linguaggio che nella sua irrazionalità apparente sembra un arabesco, un geroglifico. I suoi ritratti al Collage hanno il sapore di una vecchia  radio che fatica a sintonizzarsi e a trovare la giusta frequenza, o meglio, noi che osserviamo impieghiamo tempo nel farlo, ma nel mentre, le sue “orchestrazioni” visive ci conducono come in una danza primitiva e proviamo anche un certo piacere nel farci cullare. Nelle sue composizioni passano in rassegna davanti allo sguardo caroselli d’altri tempi, fra opere d’arte, gioielli Decò, ritagli di riviste di moda antiquate. Una scrittura corsiva e pittorica si attorciglia su se stessa intorno alle figure di carta obbligandoci a posture improbabili, nel tentativo di coglierne tutto il significato.

Nelle composizioni dei ritratti a collage dell’artista nulla è fermo e immobile, ma tutto appare in movimento, grazie ad una sapiente costruzione delle linee di forza dello spazio, che mettono tutto sotto la pressione di un’energia cinetica, danzante, ma allo stesso tempo in perfetto equilibrio. Un equilibrio formale che ricorda il pentagramma musicale, che suona visivamente come una musica.

Si tratta di ritratti dell’anima, di racconti che possono condurre ad una certa identità, forse neanche quella del presunto soggetto ritratto, ma la nostra, di noi osservatori.

Questi diorami surrealistici e bidimensionali sembrano essersi formati in seno a una visione inconscia, durante un sogno, secondo dettami teorici che storicamente affondano le radici nel Surrealismo, nelle visioni oniriche del Simbolismo francese. Associazioni di idee sparse che sembrano attendere qualcuno che le spieghi e che ne dia un’interpretazione.

Compaiono enigmatiche frasi costruite con caratteri “ritagliati” da griglie tipografiche d’epoca. Un sogno ad occhi aperti per appassionati di oggetti antichi filtrati da un’estetica nostalgica e “modernista”, futurista, ingiallita dal tempo.

L’arte della Signorini è un viaggio dentro i personaggi che racconta, ma anche dentro la storia dell’Uomo Occidentale e delle epoche che ha attraversato. Ogni osservatore attento può scovarvi curiosità di matrice culturale, storiche ed antropologiche, in un susseguirsi di eventi cinematografici sintetici, didascalici. Una forma espressiva che scaturisce da una mente colta che assembla eventi dalla storia divertendosi con lo stupore, la “mirabilia”, di una bambina intenta al gioco.

E con grande consapevolezza l’artista Maria Chiara Signorini afferma: “Conosci te stesso. Il motto socratico, tanto noto al mondo quanto da esso dimenticato, è sempre stato in me un invito sentito come una spinta irrefrenabile, un richiamo atavico e profondo che non ho mai potuto lasciare inascoltato. Inseguendo il Conosci te stesso, nascono i miei Ritratti Biografici, in una a volte faticosa ricerca della consapevolezza. Una ricerca inesauribile su me stessa, che oggi, attraverso il mio lavoro, metto a servizio anche di altri.”

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